«Ora non potete ignorarci», così ha tuonato Geert Wilders dalla sua festa elettorale a Scheveningen. Ben sapendo che le prossime settimane saranno caratterizzate dalle consuete consultazioni tra i partiti «presentabili», per escluderlo dalle tradizionali larghe intese. Ma, il vincitore delle elezioni ha già fatto tre promesse: «Ci comporteremo ragionevolmente», «gli olandesi torneranno al primo posto», lo «tsunami dei rifugiati» sarà arginato.
La stampa straniera spiazzata
Il look forzatamente ariano, lo sguardo sprezzante, la scorta che non lo abbandona da 17 anni per risparmiargli la sorte di Theo van Gogh e Pim Fortuyn, che sono stati uccisi perché anti-islamici radicali, come lo è lui. Geert Wilders, già spauracchio alle elezioni del 2017 e a quelle del 2012, questa volta ha vinto. Ieri i 125 giornalisti della stampa straniera si erano tutti accreditati al quartier generale dei liberali, dove si attendeva un ingresso trionfale di Dilan Yesilgoz-Zegerius, ministra della Giustizia di Mark Rutte e candidata a succedergli, che pure aveva promesso. Gli elettori non si sono fidati: se un partito moderato ne mutua temi e linguaggi, gli elettori alla fine preferiscono l’originale. Di più, lo vedono legittimato.
Aternativa legittimata
Dove Wilders invoca la «de-islamizzazione» dell’Olanda, Yesilgoz prometteva un più morbido «giro di vite». Tutti escludevano di allearsi con lui, tranne Yesilgoz, che si era detta possibilista, escludendo solo di sostenerlo come primo ministro. «Rutte aveva sempre tenuto le distanze», spiega il politologo Joost van Spanje. «Il successo di Wilders si deve a lei, che lo ha reso un’alternativa legittima».