Sono ore di terrore nel piccolo Stato dell’America Latina. Rivolte nelle carceri, strade messe a ferro e fuoco da attacchi armati hanno costretto il giovane presidente Daniel Noboa a proclamare lo «stato di emergenza».
L’assalto alla tv
Ieri alcuni uomini armati e dal volto coperto hanno preso d’assalto lo studio della TC Television di Guayaquil, durante il telegiornale El Noticiero. Immediata la risposta del capo dello Stato. Che ha autorizzato l’esercito ecuadoriano «a neutralizzare 20 bande di narcotrafficanti entro i limiti del diritto internazionale umanitario». I responsabili del sequestro apparterrebbero alla gang dei Tiguerones, che insieme a Los Lobos, gestiscono le attività dei narcotrafficanti del cartello messicano di Jalisco Nuova Generazione (Cjng). L’Ecuador – che si trova tra i due principali produttori di cocaina: Perù e Colombia – è diventato negli anni sempre più importante per i narcos messicani. Viene infatti utilizzato, tramite bande locali, come centro logistico per le spedizioni di droga verso l’America del Nord.
Il re dei narcos
La situazione in Ecuador resta fuori controllo, anche se gli assalitori sono stati arrestati. Non ci sono bilanci ufficiali, ma la polizia ha riferito che i morti sono 13, oltre a numerosi feriti e l’arresto di circa 70 persone. All’origine di queste violenze, ci sarebbe la decisione del presidente di decretare lo stato di emergenza per 60 giorni, in seguito all’evasione dal carcere del re dei narcos: Adolfo Macias, detto «Fito». Nel decreto sul «conflitto armato interno», a integrazione di quello sullo stato di emergenza, Noboa ha evidenziato la presenza sul territorio nazionale di ben 22 gruppi del crimine organizzato transnazionale, definiti come «organizzazioni terroristiche e attori non statali belligeranti».