Daniela Carelli è una scrittrice dal grande cuore partenopeo. La sua scrittura è viva, vivida e vivace. Pagine musicali che scorrono come un giro di blues, parole dai ritmi jazz che toccano accordi nascosti tra il miocardio e l’ipotalamo, pensieri azzurri di cielo e Vesuvio e dialoghi all’onda di mare. Una scrittura che caratterizza ogni suo lavoro, ogni sua opera dove la protagonista, in fondo, rimane sempre una Napoli incantata che incanta. E canta. Il suo nuovo libro “Lo chiamarono Gigi Potter” è una favola per adulti che trasuda poesia e tocchi leggiadri di magia.
Gigi Potter e l’immaginazione
“Gigi ha undici anni. È nato a Napoli e dall’età di un anno vive a Milano. Tanto la sua gemella eterozigote quanto i suoi compagni di quinta elementare, lo hanno bollato come secchione. Questo a causa della fervida immaginazione e dell’amore per la lettura in generale, e di Harry Potter in particolare, di cui si considera un po’ l’alter ego.
La vita cambia radicalmente quando suo padre Antonio sorprende i suoi familiari con l’annuncio di un imminente trasferimento a Napoli. Accade grazie a un’assunzione come capo-custode di Castel Nuovo – più conosciuto come Maschio Angioino -, dove risiederanno. Inizia così per Gigi una sorta di sogno ad occhi aperti in cui le similitudini tra la sua nuova vita e l’universo di Harry Potter sembrano incredibilmente collimare. Napoli, con le peculiarità che la caratterizzano, diventa il suo mondo magico. Ama la nuova scuola, i compagni, e il castello, popolato da mostri leggendari e fantasmi illustri.
Ma come il mondo magico anche la città ha dei lati oscuri che si rivelano il giorno in cui Gigi si scontra con la morte.
L’incontro-scontro tra il mondo adulto e quello generazionale
Una fiaba per adulti in bilico tra leggerezza e poesia, in cui arte, brutalità, sogni e leggende si sovrappongono alla realtà per raccontare lo scontro/incontro tra il mondo adulto e quello adolescenziale, e in cui le diversità vengono indagate e descritte in un’alternanza di chiaroscuri.”
l’eco lontana di passi e grida, sussurri concitati, calpestio di zoccoli e nitriti furiosi, comandi imperiosi, clangore di ferro e armature, pianti accorati e acclamazioni gioiose
“I castelli sono vivi. Questa fu la prima sensazione che, prepotente e inaspettata, balenò nella mente di ciascun membro della nostra famigliola quando si ritrovò al centro del cortile monumentale, trasudante storia da ogni singola pietra, crepa e interstizio. E in quel silenzio rarefatto parve loro di cogliere l’eco lontana di passi e grida, sussurri concitati, calpestio di zoccoli e nitriti furiosi, comandi imperiosi, clangore di ferro e armature, pianti accorati e acclamazioni gioiose.”