Lo scorso 24 ottobre il campanello d’allarme era già suonato per Airbnb. Le motivazioni della sentenza 9188/2023, stabilivano l’obbligo per la società di riscuotere e versare all’Erario la ritenuta sugli affitti brevi. Una decisione che secondo Federalberghi avrebbe messo la parola fine a una telenovela che si trascina da oltre sei anni. Per tutto questo tempo Airbnb si è appigliato a ogni cavillo pur di non rispettare le leggi dello Stato. E la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si era espressa nel dicembre del 2022 sulla compatibilità con il diritto Ue della normativa italiana introdotta nel 2017.
L’ipotesi di reato
Non è stata una sorpresa, quindi, la contestazione penale di evasione fiscale per omessa dichiarazione dei redditi tra il 2017 e il 2021 arrivata oggi. Ipotesi di reato per la quale la giudice delle indagini preliminari Angela Minerva ha ordinato il sequestro preventivo a fini di confisca di 779 milioni e 453.000 euro, a carico della società di diritto irlandese Airbnb Ireland Unlimited Company e di tre manager che hanno ricoperto cariche di amministrazione nel gruppo.
Una disciplina più stringente
I tributi che Airbnb avrebbe dovuto versare al Fisco italiano nelle dichiarazioni dei redditi «tra il 30 gennaio 2019 e il 30 gennaio 2023», e che invece avrebbe evaso, ammonterebbero a 779 milioni. Per i pm Giovanni Polizzi, Cristiana Roveda e Giancarla Serafini, Airbnb «ormai da anni ha piena consapevolezza degli oneri dichiarativi e contributivi introdotti dal legislatore italiano fin dal 2017. Ma ha assunto la deliberata opzione aziendale di non conformarvisi, con il fine precipuo di non rischiare la perdita di fette di mercato in favore della concorrenza.» Tra l’altro, nello schema della manovra di bilancio, il governo sta prevedendo l’incremento al 26% della cedolare secca sugli affitti brevi, e una disciplina più stringente proprio nei casi dei portali di intermediazione immobiliare.