Aveva lasciato morire la figlioletta di pochi mesi, nel luglio del 2022, e ora, Alessia Pifferi è stata giudica capace di intendere e di volere. Lo ha stabilito la perizia psichiatrica firmata dallo psichiatra forense Elvezio Pirfo. Il documento, depositato e disposto dalla Corte d’Assise di Milano, dichiara che la donna «non é stata né è affetta da disturbi psichiatrici maggiori e non è portatrice di gravi disturbi di personalità.» Risultano invece inattendibili i test delle due psicologhe del carcere San Vittore.
Che cosa dice la perizia
«Al momento dei fatti, Alessia Pifferi ha tutelato i suoi desideri di donna rispetto ai doveri di accudimento materno verso la piccola Diana. E ha anche adottato “un’intelligenza di condotta”, viste le motivazioni diverse delle proprie scelte date a persone diverse.» Inoltre, nella perizia si legge che: «non essendo dimostrabile né una Disabilità Intellettiva né un Disturbo Psichiatrico Maggiore né un Grave Disturbo di Personalità, è possibile affermare che Alessia Pifferi al momento dei fatti per i quali è imputata era capace di intendere e di volere.» La Pifferi potrebbe essere condannata, come pena massima, all’ergastolo. Anche perché l’omicidio contestato ha più aggravanti, tra i quali la premeditazione.
La vicenda delle psicologhe indagate
Per quanto riguarda i test eseguiti nel carcere San Vittore, dalle due psicologhe ora indagate, il perito ha sottolineato. «Lo studio già eseguito sulle capacità cognitive della Pifferi, comprensivo del monitoraggio e dei colloqui, che hanno preceduto la somministrazione del test di intelligenza di Wais, non è del tutto conforme ai protocolli di riferimento. E non lo è nemmeno ropstto alle buone prassi in materia di somministrazione di test psicodiagnostici. Quindi, l’esito del predetto accertamento non può essere ritenuto attendibile e compatibile con le caratteristiche mentali e di personalità dell’imputata.»Il pm Francesco De Tommasi aveva aperto un filone di indagine per falso e favoreggiamento sulle due psicologhe e anche sull’avvocatessa della 38enne. Con azioni che avrebbero aiutato la donna a ottenere la perizia nel processo, sostenendo che avesse un deficit cognitivo.